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The Blind King (2016 – Raffaele Picchio)

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The Blind King (2016 - Raffaele Picchio)
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blind-kingIl ritorno di Raffaele Picchio al lungometraggio – dopo il notevole quanto controverso esordio Morituris, 2012 – offre un deciso cambio di registro che, considerando anche il cortometraggio M Is for Mouth, 2013 e i suoi lavori nell’ambito dei videoclip, non può mancare di sorprendere.
Partendo da uno spunto non troppo distante da Babadook, 2014 di Jennifer Kent, la vicenda di un padre, rimasto vedovo da poco e alle prese con una ragazzina complicata in grado di esprimersi solo attraverso i disegni, si trasforma lentamente in un’ordalia personale del protagonista, con evidenti incursioni nella metafisica barkeriana, pur evitandone qualunque eccesso grandguignolesco. Convinto di stare affrontando un demone reale – e non il frutto di una mente vittima dei suoi insuccessi e, soprattutto, dei suoi atteggiamenti cinici, moralmente egoistici – l’uomo cerca aiuto nell’unica persona che è ancora in grado di offrirgli un sostegno: la sorella, sempre meno disposta però a sopportarne gli atteggiamenti; e che finisce per abbandonarlo al suo destino, proprio nel momento in cui la bambina sparisce. A questo punto, disperato, per l’uomo non rimane altro da fare che affrontare a viso aperto il “Re Cieco” in una questa purificatrice che ha come oggetto finale la monda da una gravissima colpa clamorosamente rimossa.
Ciò che risalta soprattutto è l’abilità del giovane regista nello sfruttare al meglio l’esiguità di un budget pressoché inesistente, con trovate semplici (come il set design dell’universo parallelo dominato dal “Re Cieco”, creatura ritratta con un trucco altrettanto semplice ed economico ma di sicura efficacia) che centrano appieno il loro obbiettivo. Picchio, a dispetto di una trama povera di accadimenti, riesce a sostenere un’atmosfera soprannaturale al contempo tesa e misteriosa, che cresce d’intensità con lo scorrere del tempo, evitando patetismi grossolani e cadute di ogni genere, che pure giacciono in agguato da ogni parte in questo genere di vicende.
La buona sceneggiatura, in cui si mescolano brillantemente elementi fantastici, drammi umani e situazioni autobiografiche, elaborata dallo stesso regista insieme a Lorenzo Paviano (coppia che ha scritto anche House of Evil, 2016 del produttore Marco Ristori) riesce a sopperire attraverso l’attenta costruzione del personaggio centrale – che ha nella sua simpateticità un difetto, per quanto lieve, che si ripercuote sull’intero progetto – a un’inazione che è allo stesso tempo fondamentale per lo studio e la realizzazione del ritratto di Craig (il protagonista) e dei suoi rapporti con la figlia Jennifer e la sorella Susan, e un limite certo (a tratti, il ritmo, già lento, si paralizza del tutto) per chi è alla ricerca di una fruizione maggiormente disimpegnata.
Si tratta comunque di elementi negativi mai in grado di essere tanto rilevanti da pregiudicare un’ottima messa in scena che si avvale della bella e creativa fotografia di Alberto Viavattene (regista di uno degli episodi dell’antologico P.O.E.: Project of evil, 2012); e, soprattutto, di un eccellente lavoro del cast. Bravissime sia Désirée Giorgetti (che oltre ad aver esordito con Picchio nel già menzionato Morituris, ha preso parte all’episodio Alraune di Andreas Marschall dell’apprezzato German Angst, 2015) che la giovanissima Eleonora Marianelli (Apocalisse zero: Anger of the dead, 2015 di Francesco Picone); ma a fornire una prova di rara intensità, in grado da sola di reggere e dare profondità all’intero racconto, è senz’altro Aaron Stielstra (nella sua filmografia una lunga lista di titoli underground tanto italiani quanto americani), il cui ritratto di personaggio “maudit” ha una tale forza da poter svanire con molta difficoltà dalla memoria di qualunque spettatore.
La bravura con cui Picchio inserisce l’elemento fantastico all’interno del mondo reale testimonia la sua notevole capacità di narratore cinematografico, e, dopo le suggestioni offerte da questo titolo e la brutalità fisica – altrettanto ben riuscita – del precedente Morituris, si possono intuire enormi possibilità per il giovane regista italiano, ingenerando così una curiosità, quasi famelica, di poter vedere i suoi prossimi lavori.


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