In un futuro imprecisato Tokyo è un territorio diviso tra gang rivali, con la polizia inerme a osservare le gesta dei delinquenti, se non addirittura connivente. Signore e padrone della rete malavitosa è il disgustoso Lord Buppa, dedito al cannibalismo e a sordide pratiche sessuali. Quando la figlia di una gang straniera, a Tokyo in incognito, finisce prigioniera di Buppa, tra le bande rivali si scatena la guerra, a colpi di mazze da baseball e rime hip hop.
Tokyo Tribe, ovvero il cine-comic secondo Sion Sono, è un musical hip hop dalla forte componente action, decisamente trash, sgargiante, chiassoso, folle, surreale, violento e splatter; una vera e propria corsa a perdifiato sulle montagne russe, costellata da lotte fra bande, arti mozzati, katane scintillanti, cellulari a forma di pistola, battutacce scurrili, combattimenti di arti marziali esagerate e depravazioni di ogni genere.
I due personaggi più estremi del film, e anche quelli più interessanti ovviamente, Lord Buppa (Riki Takeuchi), il re dei criminali, laido e volgare, ripugnante e riprovevole sotto ogni aspetto, e soprattutto il capo dei suoi sgherri, Merra (Ryôhei Suzuki), uno psicopatico assassino biondo platino che va in giro sempre a petto scoperto con pellicciotto e occhiali neri, sono due individui senza remore di sorta e completamente sopra le righe, e danno palesemente voce ad una chiara e implicita critica verso il machismo esagerato e il maschilismo sempre più imperante in Giappone.
Per quanto concerne il comparto tecnico, il livello è come al solito impeccabile e qualitativamente ineccepibile; dal primo lunghissimo piano sequenza inziale fino alle splendide riprese dall’alto di una Tokyo coloratissima e delirante, o alle complesse scene di combattimento, in alcuni frangenti addirittura con tanto di salti rocamboleschi e impossibili. La perfetta e solida regia dell’eclettico autore nipponico, insieme ad una scenografia esteticamente stupefacente e una fotografia coloratissima che predilige le cromature acide, incorniciano un film assolutamente irresistibile e weird, dal ritmo ipercinetico scandito da un orologio che segna gradualmente sullo schermo il passare delle ore, forsennato, adrenalinico e smaccatamente di stampo fumettistico (la sceneggiatura di Sion Sono è infatti tratta dal manga Tokyo Tribe2 di Santa Inoue).
La colonna sonora hip hop (alcuni pezzi sono lanciati addirittura da una dee-jay parecchio attempata) accompagna incessantemente in pratica tutto il film, quasi senza pause, ma non mancano anche i ritmi tribali e perfino alcuni squarci di famosi pezzi di musica classica, come ad esempio La quinta sinfonia di Beethoven che il personaggio del killer Merra ha addirittura come suoneria del suo cellulare.
Alcune trovate poi sono incredibilmente geniali e visivamente eccezionali, come “La stanza dei mobili umana”, aberrante anche se in un certo modo malato, affascinante, creata dal figlio di Buppa, il perfido Nkoi (Yôsuke Kubozuka), o il verso ironico a Kill Bill di Quentin Tarantino. Evidenti inoltre i rimandi a I guerrieri della notte/The Warriors, 1997: Fuga da New York/Escape from New York, Scarface e West Side Story. Ma Sion Sono riesce a creare un oggetto filmico atipico e originale, fuori da ogni schema preconfezionato, omaggiando al contempo il cinema occidentale con grandissima ironia e classe.
Come spessore e contenuti, siamo lontani dai suoi capolavori più personali, per cui il prolifico regista giapponese merita di essere considerato tra i più grandi autori mondiali, e cioè come minimo Strange Circus, Love Exposure, Cold Fish e Himizu, però il divertimento è assicurato; Tokyo Tribe è una vera e propria scheggia impazzita nella cinematografia internazionale – difficile davvero paragonarlo a qualcos’altro – nonchè una cavalcata travolgente e irriverente nella notte folle e senza fine di una Tokyo del futuro in salsa rap.
Tokyo Tribe (2014, di Sion Sono)
87%Punteggio totale